Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni, è un cantautore, paroliere, scrittore, poeta,insegnante e attore italiano originario della provincia di Milano.
Ha vinto i quattro premi più importanti della musica italiana: il Premio Tenco nel 1983, il Festivalbar nel 1992, il Festival di Sanremo e il Premio Mia Martini della critica nel 2011; ha vinto inoltre il Premio Lunezia Antologia 2013. È considerato fra i cantautori italiani più importanti, influenti e stilisticamente eterogenei: nella sua opera, è ricorrente l’intrecciarsi del proprio essere con i più svariati miti della storia, della letteratura o dell’arte, questi ultimi presi in prestito, non tanto per descriverne le gesta, piuttosto come espediente per rappresentare una parte di sé.
Dal 1969 al 2004 ha ricoperto anche l’incarico di insegnante di scuola media superiore, in diversi licei classici delle province di Milano e di Brescia. Ha tenuto e tiene come docente vari corsi universitari.
Nonostante il suo successo da cantautore, ha continuato a svolgere anche la professione da docente, fino alla pensione. Gran parte della sua vita di professore di lettere (italiano, greco e latino) è legata al liceo “C. Beccaria” di Milano anche se, avvicinandosi l’età per la pensione, preferì poi spostarsi in provincia,
Comincia la carriera nel mondo musicale come autore di testi di canzoni, in collaborazione con l’amico musicista Andrea Lo Vecchio: il primo brano pubblicato è una traduzione in italiano di “Barbara Ann” dei Beach Boys, incisa nel 1966 dai Pop Seven, e la particolarità di questo 45 giri è che lo stesso Vecchioni partecipa all’incisione.
Nella seconda metà degli anni sessanta e nei settanta continua la carriera di autore di testi e scrive canzoni per cantanti affermati come Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti, i Nuovi Angeli, gli Homo Sapiens.
In alcuni di questi testi sono già evidenti le tematiche presenti nella sua produzione da cantautore: la nostalgia per il passato, il tema del doppio, l’uso della storia come metafora del presente.
Dopo i primi successi come autore di testi, Vecchioni riesce nel 1968 ad incidere per la Durium un 45 giri, ma il disco passa inosservato e Roberto Vecchioni deve pazientare tre anni prima di ottenere la fiducia di una nuova casa discografica.
Per la Ducale Vecchioni incide, nel 1971, il suo primo album Parabola, album che contiene una delle sue canzoni più famose, Luci a San Siro, seguito l’anno dopo da Saldi di fine stagione; sempre nel 1972 collabora con Donatella Moretti, per cui scrive tre canzoni dell’album Conto terzi.
Nel 1973 riceve il premio della critica discografica italiana per il disco Il re non si diverte. Nello stesso anno partecipa al Festival di Sanremo come compositore ed interprete di L’uomo che si gioca il cielo a dadi, brano intimista dedicato al padre, che si classifica all’ottavo posto.
Nel 1974 Roberto Vecchioni partecipa ad Un disco per l’estate con la canzone La farfalla giapponese, che passa però inosservata, e che è anche la sua ultima incisione per la Ducale; passa infatti alla Philips, con cui otterrà i primi successi di vendita, grazie a Ipertensione e soprattutto ad Elisir, i cui brani Velasquez e Figlia sono trasmessi spesso dalle prime radio libere.
Nel 1975 ha una buona notorietà grazie alle canzoni della serie a cartoni animati Barbapapà, i cui brani sono stati cantati anche da Orietta Berti e Claudio Lippi.
Nel 1977 Roberto Vecchioni ottenne la fama presso il grande pubblico con il suo maggiore successo, Samarcanda, contenuto nell’album omonimo, ispirato a una leggenda di un soldato che fuggiva dalla morte (infatti ascoltando i primi versi sentiamo il soldato che paragona la morte a una nera signora). Gli archi della celebre introduzione furono incisi e composti da Angelo Branduardi, che cantò una versione della stessa canzone nell’album live Camper.
Il successo fu confermato dai lavori successivi, negli anni di passaggio dalla Philips alla CGD, fino al Il Grande Sogno del 1984 dove, assieme al fidato Michelangelo Romano, arrangiò nuovamente alcuni successi affiancandoli ad alcuni nuovi brani, tra cui la title-track dove Francesco De Gregori suonò l’armonica a bocca. È questo forse il primo album italiano di canzoni incise in una nuova veste, abitudine che divenne poi una costante degli artisti con un cospicuo repertorio.
Si stima che i suoi album abbiano venduto oltre sei milioni e mezzo di copie.
La sua attività di cantautore si intreccia con quella di scrittore. Nel 1983 esce, come allegato ad un’edizione limitata dell’album Il grande sogno, un volume omonimo edito da Milano Libri, che contiene poesie, racconti e testi per canzoni. Il suo secondo libro è del 1996, una raccolta di racconti intitolata Viaggi del tempo immobile (Einaudi).